Il nostro socio Lorenzo Rondelli, insieme al partner Stefano Pecchenino, ha partecipato al trofeo Baratti, la regata Fireball a livello nazionale che si è tenuta gli scorsi 1 e 2 agosto presso il Centro Velico Piombinese. I nostri due eroi sono stati citati nel sito ufficiale del Trofeo come segue: "Si può parlare ormai di coppia fissa (...e che coppia!) per i bricoleur Pecchenino/Rondelli, che tra una riparazione e l'altra, un cacciavite a croce e uno spaccato, danno importanti segni di crescita e mostrano di avere una barca veloce in grado di aspirare a risultati migliori".
Il Trofeo Baratti è l’occasione per tornare in acqua dopo diversi mesi passati chiusi in casa davanti al computer. Il lavoro dipendente dà assuefazione e come da tradizione riesco a partire solo alle 20:20 di venerdì sera.
Almeno a terra riesco a superare la prestazione di Mattia Bordon: il suo “partiti per ultimi” non tiene conto del sottoscritto. Per fortuna il mio timoniere Stefano è più saggio di me ed è arrivato un giorno in anticipo: considerando che l’ultima volta a Viverone abbiamo montato il vang in acqua.
Arrivo dopo mezzanotte, un buon risultato se si considera che i 385 chilometri sono stati percorsi con un’auto che ne ha alle spalle (e spero davanti) altri 363.000. Non ho corso il pericolo del colpo di sonno: in auto ospitavo 4 pneumatici nuovi di zecca, che mi rendevano il favore del passaggio emanando quel profumo caratteristico dei magazzini dei gommisti.
Il Centro Velico Piombinese è in una pineta spettacolare e pieno di barche di alto livello: Hobie Cat di tutte le misure (15, 16, 18, Tiger), un Tornado, 420 e 470. Di fronte a tanta abbondanza è normale che il Fireball desti forte impressione: due soci lo ammirano così tanto (“hai visto che bello l’FD?”) che non abbiamo il coraggio di interrompere l’emozione. La domenica pomeriggio avremmo avuto anche la possibilità di parlare di Giorgio La Pira (*) con uno degli organizzatori che fu suo studente.
Il Comitato organizzatore ci riconosce subito come facenti parti del nutrito gruppo dei peones navigantes e propina a Stefano una maglietta senza la scritta Fireball. Il mio timoniere se ne accorge in tempo e otteniamo quanto ci spetta. Non saremo altrettanto reattivi in acqua, ma non si può avere tutto dalla vita (o dalla vela, decidete voi).
Sabato si parte vicino alla nave dei pirati. Probabilmente sono i lestofanti più timidi di tutto il Mediterraneo perché gli bastano tre regate Fireball per alzare le tende e non farsi più vedere domenica. Zorzi-Bordon fanno il vuoto (due primi ed un secondo) mentre noi battagliamo nelle retrovie con Daniele Liberati. Piccola consolazione: dei buoni passaggi di boa. I primi non sono così lontani come lo erano in passato, al posto di un binocolo da Marines ce ne basta uno da teatro (molto più fine, per giunta).
Il campo di regata non è banale: in meno di tre ore il vento è girato di 90°, giocoforza per il Comitato di Regata spostare la boa di bolina. Qualcuno si accorge anche della corrente (noi no, ma sarà per la prossima volta).
Rientriamo convinti che il fiocco sia troppo rigido in condizioni di poco vento (la finestra rimaneva piatta) e decidiamo che il giorno dopo avremmo provato gli altri due fiocchi, che da diversi mesi fanno la muffa nel carrello. Potranno raccontare ai loro amici fiocchi che anche loro hanno avuto i quindici minuti di celebrità promessi da Andy Wharol.
La birra e la schiacciata offerte dal Centro Velico Piombinese ci consola dei mediocri risultati in acqua. Solo alle 19:39, a pochi minuti dalla cena, ci poniamo la fatidica domanda: “alle 15:30 avevamo finito tutte le prove, la barca era armata e noi eravamo pronti: perché non siamo rimasti in acqua a provare i due fiocchi?”.
Ancora una volta (ma ce n’era bisogno?) capisco come la differenza tra chi improvvisa e chi pianifica è direttamente proporzionale alla distanza tra le posizioni rispettivamente occupate nella classifica finale. Occupiamo la domenica mattina con la scelta di uno dei due fiocchi: verifichiamo lo stato del tessuto e della finestra, il numero di grinze, i timbri di stazza (magari uno è molto più nuovo dell’altro), le dimensioni sovrapponendoli.
Alla fine, scegliamo quello che ha già la scotta. Anche se siamo arrivati alla stessa conclusione di un neofita, siamo orgogliosi di aver seguito un processo razionale. Si vive (o si regata?) di piccole soddisfazioni.
L’ottima preparazione a terra porta subito i suoi frutti: dobbiamo tornare in spiaggia perché la stecca alta sta uscendo dalla tasca. Si vede che non riusciamo a pensare contemporaneamente a fiocco e randa. Il nuovo fiocco sembra fare miracoli: nella prima prova arriviamo a poche lunghezze dai primi tre. La progressione è impressionante, neanche Rocky Balboa sulla neve bolscevica avrebbe potuto fare altrettanto: sesti alla boa di bolina, quindi alla boa di poppa, quarti al traguardo.
Siamo convinti che il buon risultato (il mio migliore dal 2009, fate voi i conti) non sia venuto per caso: abbiamo provato la linea (era preferibile partire in boa), verificato che la nostra bussola fosse coerente con quella del comitato di regata (10° di differenza, ci può stare), deciso quale fosse il bordo buono (di bolina mure a dritta), scelto di virare sempre nel caso in cui fossimo stati sotto le vele di altri equipaggi (con nove barche c’è spazio per tutti) e strambare quando la nuova rotta ci avrebbe permesso di farci spingere dalle onde. La regata più ragionata degli ultimi anni, insomma.
Per fortuna il Presidente Cocuzza ci richiamerà alla realtà (o all’ordine?) a terra: il suo eloquente “ho capito che vi serve un pesce pilota: finché seguivate me andavate bene, quando facevate di testa vostra no (= siete tornati negli ultimi posti)” ci lascia senza parole (anche perché in quella magnifica regata lui è arrivato due posizioni dietro di noi). Le due prove successive gli avrebbero dato ragione, a dimostrazione che nel Fireball viene premiata la meritocrazia.
Alla fine, siamo (meritatamente) penultimi, ma con un buon distacco dall’ultimo. L’osservazione di Zorzi (“per qualche momento eravate primi… vedevamo una barca davanti ma non capivamo chi fosse”) non sminuisce la lucida analisi di Umberto e fa il paio con la nostra auto analisi (“se Zorzi, che sono due anni che vince praticamente tutto, non sapeva chi fossimo, figuriamoci se potevamo essere in grado di saperlo noi!”).
Per il “conosci te stesso” servirà tutta la prossima stagione agonistica...
(*) Il sindaco santo di Firenze nonché il vero creatore di quella fantastica azienda che è la Nuovo Pignone: convinse Enrico Mattei, non proprio l’ultimo arrivato, a far rinascere quell’azienda motivando la richiesta come proveniente dalla Madonna, comparsagli in sogno.
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