il Vendée Globe di un grande marinaio italiano
“Nell’anno 1872, la casa al n. 7 di Saville Row, Burlington Gardens – casa nella quale, nel 1816, era morto Sheridan – era abitata da Phileas Fogg, esq., uno dei soci più singolari e più osservati del Reform Club di Londra, il quale, tuttavia, pareva mettere il massimo impegno a non far nulla che potesse attrarre l’attenzione.”
Sono sicuro che Giancarlo Pedote, un giorno della sua infanzia o adolescenza, aprendo quel libro dal titolo che prometteva sogni e forti emozioni, lesse queste parole: l’incipit de “Il giro del mondo in ottanta giorni” di Giulio Verne o, per meglio dire, Jules Verne visto che stiamo parlando di Vendée. Perché Giancarlo ci ha messo proprio ottanta giorni, ventidue ore, 42 minuti e venti secondi a compiere la sua impresa intorno al mondo.
(nella foto: l'arrivo a Les Sables il 28 gennaio 2021)
E’ forse un libro come questo che ha piantato in lui il seme dell’avventura e che lo ha portato un giorno a salire su un mostro a vela supertecnologico di diciotto metri e portarlo in solitario, senza scalo e senza assistenza, intorno al mondo, tenendo come boa il continente antartico, insieme ad altri folli marinai.
In questa corsa pazzesca dove la barca corre per quasi tre mesi giorno e notte ad una media di 15 nodi con punte di 20-25, partecipano altri trentadue adolescenti di varie età, estrazione sociale, carattere, talento ma con un primo grande obiettivo: portare a casa la pelle e la barca. Il secondo, per alcuni di questi, è anche più importante del primo: vincere la Vendée Globe, ”l’Everest del mare”, una delle ultime vere sfide per grandi marinai. Una vittoria che ti consegna alla leggenda.
Per partecipare alla “Course au Large” e affrontare il “Grande Sud” devi esserti fatto le ossa su barche più piccole, in regate d’altura che durano qualche giorno, e poi temprarti con “qualche” transoceanica della durata di solo un paio di settimane. Ti devi anche far conoscere, perché servono molti soldi per acquistare una barca del genere e molti altri ancora per prepararla, e quindi ti servono degli sponsor che credano in te. Tutto molto complicato.
Non come quando Joshua Slocum, il primo uomo a circumnavigare il globo a vela in solitario nel 1895 scrisse, in occasione della sua partenza. “Avevo deciso di fare un giro intorno al mondo, e visto che quel mattino di aprile nella baia di Boston il vento era favorevole, a mezzogiorno salpai l’ancora”. Meraviglia di semplicità e chiarezza.
8 novembre 2020: via! Dopo aver sfilato nel canale di uscita del porto di Les Sables d’Olonne, tra schiere di francesi festanti, le barche puntano a sudovest. Giancarlo rivedrà quei pontili il 28 gennaio 2021.
Lasciano le Azzorre a dritta e poi puntano a sud per agganciare gli Alisei e portarsi sino al punto più a nordovest del Brasile. Poi ancora più a sud, nei “quaranta ruggenti”, per prendere l’autostrada verso est a contornare l’Antartico doppiando i tre famosi capi: Buona Speranza, Leeuwin e Horn*. In mezzo, dopo l’Atlantico, altri due oceani: l’Indiano e lo sterminato Pacifico per poi risalire verso Nord. Verso casa. Nel modo di condurre la sua corsa, Giancarlo ha chiarito subito i suoi obiettivi: rimanere in competizione tra i primi, conservare barca e attrezzature, crescere come marinaio. Raggiungerà un altro obiettivo, anche più importante: essere un uomo migliore. Perché quasi tre mesi fisicamente lontano da tutto e da tutti, con la precarietà della tua “piccola” barca in mezzo ai furiosi elementi ti cambiano. Per forza.
La cronaca della gara, con i pur importanti ma sterili dati sulla velocità di punta raggiunta, il massimo di miglia percorse in ventiquattr’ore, le posizioni in classifica dal tredicesimo della iniziale discesa dell’Atlantico all’ottavo finale, lascia posto all’importanza di cosa un marinaio come Giancarlo è riuscito a fare in questi ottanta giorni intorno al mondo: dal dormire nel frastuono della sua barca che corre nel buio della notte a venti nodi di velocità, al sostituire un anemometro salendo in testa d’albero per tre volte in mezzo al nulla dell’oceano, alla registrazione video del suo cucinarsi all’italiana un vero buon pasto in confronto con i tristi (seppur utilissimi) liofilizzati di altri concorrenti, al racconto di come si vince un momento in cui la solitudine ti può portare alla depressione, che non deve però trasformarsi in disperazione.
Oppure di come ci ha trasmesso la sua emozione nel semplice osservare gli albatros volare intorno alla sua bella barca, o il suo contemplare albe e tramonti tutti diversi in oceani diversi.
Un’altra cosa che Giancarlo è riuscito a fare nella sua avventura è stata quella di nasconderci la sua stanchezza. Nei suoi video appare sempre sorridente, pieno di energia, apparentemente senza grandi problemi. Guardando una sua intervista il giorno dopo la conclusione della gara, pur considerando la situazione di naturale calo di tensione, tutto quello che ha vissuto, sopportato, superato è stampato sul suo viso, nelle rughe un po’ più in evidenza, nella voce un po’ graffiata, nello sguardo ancora perso nei freschi ricordi del suo folle viaggio interiore.
Infine, l’ultimo regalo di Giancarlo è racchiuso tutto nella immagine che lo ritrae subito dopo il traguardo: sdraiato a mezza nave, sulla falchetta di dritta, avvinghiato in un abbraccio potente alla sua barca. In quel momento credo che Giancarlo abbracciasse il bambino che qualche anno fa leggeva “Nell’anno 1872, la casa al n. 7 di Saville Row, Burlington Gardens...”
Allez Gianca… Grazie per sempre.
Gianca
Contenuti extra
i grandi passaggi di Gianca durante la VG
Equatore 13° il 19/11/2020 alle 18:24 UTC dopo 11 giorni 05h 04’ di gara
Capo di Buona Speranza 10° il 02/12/2020 alle 12:48 UTC dopo 23 giorni 23h 28’ di gara
Capo Leeuwin 10° il 14/12/2020 alle 14:37 UTC dopo 36 giorni 1h 17’ di gara
Capo Horn 9° il 01/05/2021 alle 01:12 UTC dopo 57 giorni 11h 52’ di gara
Equatore (retro) 7° il 17/01/2021 alle 9:13 UTC dopo 69 giorni 19h 53’ di gara
biografia sintetica
Giancarlo Pedote è nato a Firenze nel 1975. Si è laureato in filosofia all'Università di Firenze, vive a Larmor-Plage in Bretagna con la moglie Stefania e i figli Aurelio e Isabella.
Si è rivelato nella Mini-Transat 2013 dove, dopo essere stato in testa per la quasi totalità della regata, si è classificato secondo a causa della rottura del bompresso a poche miglia dal traguardo.
Successivamente ha conquistato il titolo di campione nella regata off-shore in solitaria di France Promotion per due volte di seguito (2013 e 2014).
Si è poi cimentato in contesti più impegnativi, ha gareggiato nella Route du Rhum 2014 in Class40 (10°), ha vinto la Transat Jacques-Vabre 2015 con Erwan Le Roux su un Multi-50, diventando il miglior velista d'Italia nel 2016.
Dopo di che ha concluso come 12° la Transat Jacques-Vabre 2017 sulla IMOCA di Fabrice Amedeo.
Ha disputato la Vendée Globe 2020-21 arrivando 8° con la sponsorship del Gruppo Prysmian, che lo supporta da 12 anni ed è attualmente leader mondiale nei cavi, nei sistemi energetici e nelle soluzioni di telecomunicazione.
la barca
Prysmian Group - Electriciens sans frontières è l'ex St Michel-Virbac, su cui Jean-Pierre Dick ha conquistato ancora una volta il 4° posto nella Vendée Globe 2016-2020. Ha anche vinto la Transat Jacques-Vabre 2017.
Nel 2018 Yann Eliès è arrivato secondo su questa barca nella Route du Rhum.
Progettata da Guillaume Verdier e VPLP, costruita presso Multiplast, l'IMOCA60 è stata rinforzata prima dell'edizione 2016-2017, permettendole di essere una delle barche più affidabili della flotta. Una barca potente, molto veloce in condizioni di poppa. E' dotata di foil di prima generazione, quindi molto più piccoli di quelli dei nuovi Imoca, che penalizzano in condizioni di venti sotto i 10-15 nodi.
Giancarlo si racconta dopo l'arrivo
la Vendée Globe di Giancarlo in sei minuti
(attivare l'audio)
* Una delle tradizioni relative agli orecchini (rigorosamente d’oro) indossati dai marinai, prevede che se ne potessero portare fino a quattro, due per lobo, da indossare una volta attraversati i quattro Grandi Capi: Capo Finisterre (Spagna del nord); Capo di Buona Speranza (Sud Africa); Capo Leeuwin (Nuova Zelanda); Capo Horn (Sud America).
Sfoggiare più orecchini dimostrava di aver percorso molte miglia, solcato molti mari, doppiato Capi importanti e di essere dunque un “Lupo di Mare”. Gli orecchini avevano tutti una forma ad anello per rappresentare lo sposalizio del marinaio con il mare. Il nostro Giancarlo potrebbe senz’altro indossarli a buon diritto!
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