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Immagine del redattoreLorenzo Rondelli

Fireball 2022

Aggiornamento: 17 feb 2023

"Io speriamo che me la cavo"

Come ormai d'uso, l'amico Lorenzo Rondelli ci dà il suo resoconto tra il serio e il faceto delle competizioni Fireball alle quali partecipa... Questa volta si tratta della regata tenutasi a Riva del Garda dal 3 al 5 giugno 2022, insieme al partner di sempre Stefano Pecchenino. In fondo all'articolo una scheda sui Fireball.


Torno al Fraglia Vela Riva con una certa apprensione: l’avvertimento di un amico diversi anni fa “se sei un velista vero devi regatare almeno una volta a Riva del Garda… poi, se ti vuoi male, regati una seconda volta a Riva del Garda” mi rimbomba ancora nelle orecchie.


Facendo parte della categoria dei maso-velisti, nel periodo 2003-2006 ho regatato da quelle parti cinque volte (quattro Nazionali Hobie Cat 16 più un Mondiale Contender) con buoni risultati (sono sempre tornato indietro tutto intero, anche se qualche volta abbastanza stropicciato da far esclamare ad un collega “Sai Lorenz, se non ti conoscessi penserei che a casa tua ti picchiano”).

Sono curioso di vedere come le ma cavo: se è vero che 15 anni fa ero più giovane (e incosciente) oggi dovrei essere fisicamente più allenato: negli ultimi 14 mesi ho pedalato per più di 11.800 chilometri, 1.352 dei quali tra San Vincenzo e Riva (smentendo in questo modo Google Maps che indica la distanza tra le due località pari ad un misero 425 Km).


La medaglia del match race di Viverone che Stefano ha appeso sullo specchietto retrovisore mi ricorda gli scambi di battute tra Woody Allen e Diane Keaton in “Provaci ancora Sam” (“pensi che se metto in mostra la medaglia del 100 metri piani del college impressionerò la ragazza?”, “Cielo Sam, è vera?”, “Lo spero bene, l’ho pagata 50 dollari!”).

Manca il poster della regata e le magliette sono stampate. Ai bei tempi (mondiale Contender 2004) c’era la polo con i loghi cuciti. Da capire se il Garda non è più quello di una volta o semplicemente la nostalgia è un disturbo della memoria.

Siamo 15 Fireball (che purtroppo si ridurranno a 10 la domenica, quando per improrogabili impegni diversi equipaggi non potranno scendere in acqua) in compagnia di 35 Contender (oltre agli italiani ci sono Svizzeri, Tedeschi, Austriaci e Olandesi) e 24 5o5 (da USA, Australia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna, Svizzera).


Acquisto dignità professionale agli occhi di Stefano quando gli rispondo senza tentennamenti sull’abbigliamento: muta lunga e coprirsi bene. Il mio timoniere ha la memoria corta perché ripete la stessa domanda ad un altro concorrente, che naturalmente mi smentisce: “Muta corta”. Quando gli descrivo le mie esperienze (“veramente qui ho sempre regatato in agosto e ho sempre usato la stagna…”) risponde serafico che “È anche vero che io non ho la muta lunga…”


Le due prove di venerdì sono caratterizzate da poco vento (Riva non è più quella di una volta?...). Noi confidiamo nelle prove del giorno dopo: oggi abbiamo scuffiato vicino alla boa robotica di bolina e se a causa del colpo non riuscirà a mantenere la corretta posizione GPS noi saremo gli unici a saperlo in anticipo (e regolarci di conseguenza).


La sera recupero il resto della famiglia, in arrivo da Milano in treno. Prima di andare a letto non cedo alla tentazione di dilettarmi con il capitolo 4 del Don Chisciotte: il titolo (“soldati e pecore”) non mi avrebbe permesso il giorno dopo di partire mure a sinistra nella seconda regata, un atto di coraggio demenziale che mi procurerà abbastanza pubblicità da far rientrare il mio libro tra i primi 100 di nautica su Amazon (al 73esimo posto, giustamente sopravanzato da trattati sulla dieta chetogenica, sull’alimentazione sportiva, sul canottaggio e sull’Ikigai il metodo e la filosofia giapponese per vivere giornate ricche di significato, amore, felicità e senza stress).

Come raccontava il grande Gianni Clerici, le nostre piccole conquiste interiori non sono purtroppo definitive: la domenica i nostri risultati sono inversamente proporzionali all’intensità del vento (8 nodi alla prima prova, 17-18 alla partenza della terza, con raffiche fino a 20 nodi in bolina) e all’ultima prova siamo ultimi (con distacco). Mi consolo pensando a Mark Sinclar, che a inizio del mese ha completato la Golden Globe quattro anni dopo la partenza.


Se il titolo del capitolo letto la sera prima (“succedono cose strane”) non era premonitore, lo è stato sicuramente il lamento di uno dei protagonisti (“Io son marinaio dell’amore e sul suo profondo oceano navigo senza speranza di trovare un porto… inseguo una stella che vedo da lontano… non sono dove essa mi guidi e quindi navigo alla ventura”). Forse anche io avrei bisogno di un localizzatore, da capire se attivarlo in regata o in ufficio.

Diamo spettacolo anche tra una regata e l’altra. Prima della seconda prova siamo in modalità canguro: salta lo stick, immediatamente emulato da Stefano che salta in acqua. La figura peggiore la faccio io che, per evitare che la barca scuffi, buco la falchetta con il gancio del trapezio. Partecipiamo alle ultime due prove grazie al grey tape (yellow tape per essere precisi e rispettare la variante cromatica del provvidenziale nastro) fornito da un gommone dell’assistenza.


A terra lo scambio di battute tra me e un altro concorrente (“Bello, eh?”, “un po' troppo bello…”) riassume tre giorni di regata ad alta intensità emotiva. Se i Fireball mancavano da Riva da più di 20 anni ci sarà un motivo.


Non ci facciamo mancare nulla e disarmiamo sotto una pioggia torrenziale. Per caricare la barca sul carrello ci facciamo aiutare da due energumeni che la sollevano praticamente da soli: Stefano è stupito (“hai visto quello che hanno fatto?”), io meno (“e ci credo, sono quelli che hanno vinto la regata del 5o5!”).


Lunedì gli schizzi che devo evitare sono quelli degli spruzzini per i parabrezza delle auto. Quando penso di essere in salvo, uno scooter centra una piccola vaschetta di marmellata e la confettura di albicocca mi imbratta scarpa e pantalone.


La mia regata finisce ad un’ora imprecisata lunedì notte, quando finalmente mi si stappa l’orecchio sinistro, messo a dura prova dalle secchiate di acqua di domenica. Peccato, perché da martedì mi sono ritrovato senza nessuna protezione dalla grandinata di sciocchezze declamate da clienti e fornitori... Chissà se il regolamento aziendale consente l’utilizzo di tappi auricolari tra una regata e l’altra…


Fireball - scheda tecnica

Tipo: Deriva

Classe velica: Fireball

Varo 1º modello: 1962

Caratteristiche tecniche

Lunghezza fuori tutto: 4,928 m

Larghezza: 1,359 m

Peso: 76,4 kg

Superficie randa: 10 m²

Superficie fiocco: 3,25 m²

Superficie spinnaker: 13 m²

Equipaggio: 2


Il Fireball è una imbarcazione da regata monotipo presentata dal yacht-designer inglese Peter Milne nel 1962. Si tratta di una deriva a trapezio con equipaggio di due persone. Il progetto, innovativo per l'epoca, ha per finalità le prestazioni con vento fresco. Il regime d'elezione è quello planante, per il quale sono sufficienti 5 m/s al lasco e 7 m/s di bolina.


Ciò spiega il caratteristico scafo a spigolo, senza prua tradizionale, e l'uscita di poppa piatta. Il piano velico importante, costituito da fiocco, randa e spinnaker, ed il peso minimo (76,4 kg) garantiscono un rapporto massa su superficie velica molto basso.


Lo spinnaker è di solito piccolo e tagliato per stringere il vento, visto che i percorsi di gara, oltre al classico triangolo, prevedono il trapezio con un lato al traverso al termine della bolina.

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