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la battaglia di Trafalgar, apoteosi e fine del più grande genio navale militare di tutti i tempi

Aggiornamento: 12 feb 2023


nell'immagine: “La battaglia di Trafalgar” di William Clarkson Stanfield


Questa famosissima battaglia navale si svolse il 21 ottobre 1805 davanti alle coste spagnole a sud di Cadice, nei pressi di capo Trafalgar, tra la flotta inglese e la grande squadra navale franco-spagnola. La battaglia segnò la definitiva supremazia inglese nei confronti di tutte le marinerie militari dell'epoca, sancendone il predominio globale nei secoli a venire. Tuttavia, al di là dell’aspetto storico ed agiografico, ciò che la rende particolarmente significativa risiede nella originalità della soluzione tattica adottata dall'artefice della vittoria, l'ammiraglio inglese Horatio Nelson. (qui nel ritratto di Lemuel Abbott)


All'epoca le flotte navali militari si confrontavano tradizionalmente sui campi di battaglia disponendo i propri vascelli in lunghe linee di fila contrapposte e cannoneggiandosi l'un l'altra. In tali circostanze risultava quindi spesso determinante la potenza di fuoco (ovvero le dimensioni e il numero dei vascelli implicati) oltre la precisione balistica degli artiglieri.


Va detto che nella circostanza la flotta franco-spagnola era decisamente prevalente numericamente: l'ammiraglio Nelson poteva contare su un totale di 27 vascelli, 6 fregate 16820 uomini e 2164 cannoni; mentre il suo avversario, l’ammiraglio francese Pierre Charles Silvestre de Villeneuve, comandava 18 vascelli 7 fregate, 12500 uomini e 1564 cannoni, ai quali andavano aggiunte le forze dell’ammiraglio spagnolo Federico Carlo Gravina, che consistevano in 15 vascelli iberici, 9080 uomini e 1326 cannoni.


In totale dunque i francesi avevano un vantaggio quantitativo notevole, sia per quanto riguarda le imbarcazioni, sia al livello d'artiglieria. Scontri di quel genere tuttavia, con un confronto diretto di tante unità navali, non erano così frequenti.


Le ostilità tra le potenze impegnate erano caratterizzate prevalentemente da scontri occasionali in mare aperto tra poche unità isolate: nell'Oceano Atlantico per la difesa o la riconquista di territori d’oltremare, di cui è testimonianza la tipica toponomastica delle diverse isole caraibiche alternativamente di retaggio e lingua francese o inglese; mentre in Mediterraneo o sulle coste atlantiche europee era frequente da parte degli inglesi l'attuazione di massicci blocchi navali davanti ai principali porti avversari allo scopo di prevenirne sortite di grandi squadre eventualmente destinate ad una temutissima invasione delle isole britanniche.


La battaglia di Trafalgar scaturisce da questa esigenza strategica. Infatti, venuto a conoscenza di una cospicua concentrazione di vascelli della neo costituita alleanza franco-spagnola nel porto di Cadice, Nelson aveva prontamente raggiunto le costa spagnola incrociando al largo del porto con i propri vascelli. lasciando alle fregate il compito di sorvegliare da vicino le mosse nemiche. Nel frattempo Napoleone ordinava alla flotta in Cadice di dirigersi verso Napoli per sbarcarvi le fanterie di Marina da impiegare nelle battaglie di terra. Di conseguenza, la flotta franco-spagnola mollava gli ormeggi dirigendosi con rotta sud-est verso lo stretto di Gibilterra.

Secondo tradizione, Villeneuve si dispose subito in una stretta linea di fila parallela alla costa iberica, lunga circa 5 miglia, intervallando navi francesi e spagnole a 300 metri l'una dall'altra. Nelson, invece, la cui squadra stazionava al largo, adottò uno schieramento ed una tattica del tutto innovativi e approfittando del fatto che il vento si era decisamente orientato tra il terzo ed il quarto quadrante schierò la sua flotta in due colonne: quella di sinistra (sopravvento) con 12 vascelli e la "sua" Victory in testa; quella di destra (sottovento) forte di 15 navi in linea con la Royal Sovereign in testa, comandata dall'ammiraglio Cuthbert Collingwood.


Queste due colonne avrebbero dovuto attaccare al centro il blocco francese con una favorevole andatura portante, diretta e veloce, per colpire in particolare le ammiraglie della flotta avversaria. In tal modo avrebbero affrontato il nemico non più - come da tradizione - navigando paralleli allo stesso, ma con una rotta praticamente ortogonale alla linea dei vascelli avversari che avrebbero poi affrontato incrociandoli uno alla volta, con la prevedibile conseguenza di isolare il centro della flotta avversaria dalla retroguardia.


Nelle prime ore del mattino del 21 ottobre le due flotte si avvistarono. Villeneuve, prevedendo l'inevitabile scontro, ordinò di invertire la rotta verso Cadice per facilitare il ricovero delle navi eventualmente danneggiate.


Gli inglesi assunsero, secondo il piano, una rotta di rapido avvicinamento, sempre ortogonale alla linea avversaria (vedi lo schema). I rischi di questa innovativa tattica erano notevoli, poiché le navi del tempo non avevano cannoni a prora: i vascelli inglesi in avvicinamento sarebbero pertanto rimasti indifesi fino al contatto con le avversarie, ma Nelson confidava sull'inesperienza degli artiglieri avversari, sul fatto che avrebbero offerto al nemico la sagoma delle proprie prue (invece di quella più cospicua delle fiancate) e infine sulla maggior resistenza strutturale del “dritto” di prua ai colpi avversari eventualmente giunti a bersaglio.


La prima nave inglese a subìre il fuoco nemico fu la Royal Sovereign, che tuttavia riuscì a passare indenne di poppa alla Santa Ana “a distanza di pistola” e a devastarla scaricando in quel preciso momento le sue batterie di sinistra caricate a doppia palla nella “tenera struttura poppiera”, provocando centinaia di morti ed il disalberamento dell’unità nemica. Identico destino toccò a tutte le altre navi avversarie la cui rotta veniva incrociata dalle unità inglesi, come era stato argutamente prefigurato da Nelson.


La stessa Victory (la nave ammiraglia di Nelson) compì una manovra simile, passando di poppa alla Bucentaure (l’ammiraglia francese) spazzandone il ponte con i suoi pezzi. Proseguendo la sua azione, la Victory attaccò con la stessa tecnica anche la nave di linea francese Redoutable, dalla quale partì un fuoco di moschetteria inaspettatamente violento che falciò l'equipaggio britannico ammassato sul ponte di coperta, lasciando illesi soltanto 20 uomini. Lo stesso Nelson, colpito da una palla di moschetto si sarebbe poi spento dopo due ore.

Il piano progettato da Nelson riuscì, dunque, perfettamente e la linea franco-ispanica fu spezzata in due: la parte caudale venne distrutta e quella più a settentrione non riuscì ad invertire in tempo la rotta per sostenere il centro.

Alle cinque del pomeriggio lo scontro era definitivamente concluso. L'alleanza franco-ispanica aveva perso 18 vascelli e 7000 uomini tra caduti e feriti. Gli inglesi nessun vascello e 400 uomini tra caduti e feriti.


In conclusione, non si può parlare della nota battaglia e della superlativa soluzione tattica della stessa, senza aggiungere alcune note biografiche del personaggio che fu l'artefice di quella smagliante vittoria, con la quale la marina inglese affermò definitivamente il suo indiscusso dominio su tutti i mari, ovvero l'Ammiraglio Horatio Nelson, primo visconte Nelson e primo duca di Bronte (1758-1805).


Sesto di undici figli era entrato nella marina reale inglese a 12 anni e ne divenne capitano a 20 facendo servizio nei Caraibi in Canada e nel Mar Baltico. All'insorgere della guerra tra l'Inghilterra e la Francia rivoluzionaria nel 1793 a Nelson era stato assegnato il comando del vascello da guerra Agamennon con cui aveva svolto numerose missioni, sia nel Mediterraneo che ai Caraibi, contro la rivale marina francese, cui veniva tradizionalmente contesa la supremazia nel controllo di quelle aree strategiche.


In tali circostanze dimostrò sempre grande intuito navale, oltre che audacia e sprezzo del pericolo, tanto che nel 1794 nella battaglia di Calvì per la riconquista della Corsica perse un occhio e successivamente nella battaglia di Santa Cruz (1797, Canarie) perse anche un braccio.


Oltre che per l'audacia egli fu noto anche per i suoi atti di insubordinazione, come quello avvenuto nella battaglia di Copenaghen (in cui affermò di non aver rispettato un ordine segnalatogli perché aveva osservato dal binocolo con l'occhio cieco...) che tuttavia gli furono sempre perdonati in quanto riconosciuto come elemento determinante per la vittoria: come ad esempio nella battaglia del Nilo (Abukir), in cui distruggendo la flotta francese rese problematica la campagna napoleonica d'Egitto, a causa dell'isolamento dalla madrepatria delle truppe ivi impiegate.


Infine la vittoriosa battaglia di Trafalgar del 1805, in cui perse la vita colpito da un fante di marina francese, suggellò definitivamente il mito dell'Eroe Nazionale dell'Impero britannico. In quella circostanza si narra che Nelson avesse diramato l'ordine di attacco segnalando a tutte le navi il seguente comunicato: ”England expects that every man will do his duty” (l’Inghilterra si aspetta che ogni uomo faccia il suo dovere).


Sembra inoltre che, per una sorta di presentimento, avesse deciso di indossare una marsina di colore rosso vivo, che avrebbe dovuto mascherare le tracce del sangue di una eventuale ferita, onde evitare lo sconcerto ed il disorientamento dei propri uomini.

(nell'immagine sotto: "La morte di Nelson", Daniel Maclise, 1805)




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