Murphy nel mar Egeo
- Pierluigi Tramacere
- 1 lug
- Tempo di lettura: 12 min
Quando il Fato decide di governare lui la navigazione...

Pierluigi ci racconta la 42° navigazione primaverile del Quadrante Toscana AIVA CVC, con a programma il periplo dell'Isola Eubea e le Sporadi
Quando ho ricevuto il programma di questa navigazione non nego di esser rimasto un po’ deluso, considerando soprattutto che il percorso nautico si sarebbe svolto per almeno la metà del viaggio in un tratto di mare apparentemente ridossato, compreso tra la Beozia e la penisola Attica a Sud-Ovest e l’Isola di Eubea a Nord-Est: il canale o golfo di Eubea, appunto.
Il confronto con le esaltanti navigazioni dei due anni precedenti, Cicladi e Turchia Egea, non lasciava d’altronde molto spazio all’entusiasmo. Nulla di più errato!
Saranno state le condizioni meteo incontrate, saranno state alcune situazioni “particolari” occorse durante la navigazione od anche alcune disavventure verificatesi in fase di ormeggio, ma l’esperienza nautica acquisita in questa navigazione è stata senza pari, compensando largamente la forse minore bellezza paesaggistica del luogo rispetto alle precedenti mete.
Ma cominciamo dall’inizio. Alcune avvisaglie sulla difficoltà della navigazione che avremmo dovuto affrontare si sono manifestate prima ancora di partire. A casa, ricevuta la tabella con i nomi delle imbarcazioni assegnate ad ogni equipaggio, ho avuto il primo sobbalzo: la barca sulla quale mi sarei dovuto imbarcare era Oceanos… provate a digitare in internet questo nome e capirete subito perché! (ndr: L'Oceanos fu una nave da crociera battente bandiera greca costruita nel 1952 e naufragata il 4 agosto 1991 al largo delle coste del Sudafrica; considerato come sono superstizioni i marinai non è certo un esordio esaltante...).
Un secondo presagio si è manifestato alla base nautica di Lavrion, alla fine del check-in: un addetto della società di noleggio, nel passare dalla barca verso la banchina con lo smartphone in mano, inciampa sulla passerella e, aggrappandosi dove può ai montanti del pulpito per evitare di cadere in acqua, perde lo smartphone che piomba a picco in mare.
Ancora: tra gli equipaggi gira l’informazione che le previsioni meteo indicano chiaramente il passaggio di una perturbazione da Nord-Ovest con pioggia, basse temperature e vento a 25-30 nodi per tutto il primo periodo della crociera, che prevede rotta proprio verso nord. A seguire, per la tratta di ritorno in mare Egeo dalle Sporadi verso la base nautica di Lavrion, seguendo la costa Est dell’Eubea, le previsioni forniscono invece indicazioni di vento da Nord/Nord-Est di 30-35 nodi e onde di 2-2,5 metri.

Infine, poco prima di partire, un componente del nostro gruppo segnala un problema di carattere medico per cui decide di fermarsi alla base insieme alla moglie; il problema, per fortuna, si risolverà favorevolmente nei giorni successivi, ma impone da subito una riassegnazione degli altri membri della sua stessa barca sulle altre tre imbarcazioni per permettere di formare equipaggi numericamente e tecnicamente equilibrati. Una barca rimarrà quindi ferma alla base nautica.
A questo punto le avvisaglie del Fato (divinità greca, va ricordato!) sono tali da farci valutare se gettare subito la spugna, ma ignoriamo tutto e spavaldamente andiamo avanti. Si parte!
Inutile descrivere le caratteristiche della navigazione del primo giorno se non l’attesa di un meritato riposo a fine giornata, previsto in una piacevole baia alla fonda; d’altronde il cielo comincia ad aprirsi, il vento a calare e si prospetta lo spettacolo di un magnifico tramonto che in effetti di lì a poco si paleserà in tutta la sua gloria.

Ma poco prima di manovrare per dare fondo all’ancora con Oceanos, al momento di attivare sul pannello elettrico l’interruttore del verricello dell’ancora, all’improvviso si perde ogni informazione sui monitor di navigazione: dapprima ci ritroviamo privi di cartografia elettronica e di informazioni sulla profondità ma subito dopo ci rendiamo conto di non aver alcuna funzionalità su alcun apparato elettrico, un black-out elettrico totale! Solo il motore diesel continua, ovviamente, a funzionare (e meno male...).
Decidiamo di accostare alla barca di Saverio, il capo-flottiglia, non tanto per un ossequio alla sua autorità, ma perché nel suo equipaggio c’è Antonios, un milanese adottivo di madrelingua greca, che ci aiuterà a contattare la base di Lavrion e a spiegare il problema nel modo più dettagliato possibile.
Così facendo, con un interlocutore impeccabile da parte nostra e sotto la guida di un elettricista della base nautica, utilizziamo una videochiamata per inquadrare il “campo di lavoro” e, illuminando con le luci incrociate di torce e telefonini (ormai è notte) il groviglio di fili collegati col quadro elettrico ed i vari fusibili, dopo quasi un’ora di paziente lavoro (svolto sempre da Antonios) si riesce ad individuare il guasto ed a porre un by-pass che salta il fusibile danneggiato e ci permette di avere piena funzionalità del sistema elettrico. Lode e gloria ad Antonios!!!
Vi domanderete: "Ma perché non cambiare semplicemente il fusibile?" Perché il fusibile danneggiato è da 200 Ampere e naturalmente non è presente nella cassetta dei ricambi elettrici; l’armatore ce lo avrebbe fatto recapitare via traghetto il giorno successivo a Nea Styra, dove si sarebbe trovato anche un elettricista di fiducia per sostituirlo e controllare tutto il quadro elettrico.
Nel frattempo, in assenza di protezioni sul circuito, non ci fidiamo ad usare il salpa-ancore, che assorbe molta corrente. Quindi per la notte rimaniamo ormeggiati “a pacchetto” su Anyma, la barca comandata da Saverio, fidando sulla sua ancora (le condizioni sono tranquille).
Nella mia mente, intanto, cominciava a fare breccia il ricordo della famosa prima legge di Murphy: “Se qualcosa può andare male, lo farà” !
Il giorno seguente con l’intervento dell’elettricista del charter si sistema tutto a Nea Styra e si prosegue la navigazione verso Khalkis (Calcide) non senza aver prima effettuato un altro ancoraggio in rada nella bella baia di Agios Dimitrios.
A Khalkis arriviamo, senza altre avventure, nel primo pomeriggio del terzo giorno di crociera; dobbiamo ora attraversare lo stretto braccio di mare, largo non più di 20 metri e lungo circa il doppio, che separa la Grecia continentale dall’isola di Eubea, situato a circa metà altezza dell’isola stessa. Questo canale è sormontato da un ponte mobile posto ad una altezza di non più di cinque metri sul livello del mare, per cui bisogna aspettare la sua apertura per poter passare nel versante Nord dello stretto: aspettare e pagare il pedaggio.

Se il pagamento è immediato (23 €), l’attesa per l’apertura del ponte, inizialmente prevista per le 21:30 si prolunga fino alle 02:30 di notte a causa delle forti correnti di marea (5-6 nodi) che si instaurano in certe ore tra i due versanti dello stretto: un vero torrente di montagna! Quando il livello di marea tende ad equipararsi, l’autorità portuale comunica via VHF l’imminente apertura del ponte e dispone l’ordine di transito per le singole imbarcazioni, chiamandole una per una. L’attesa è snervante e stancante, mitigata solo da una lunga partita di burraco interrotta bruscamente dall’avviso di transito.


Il passaggio del ponte mobile di Khalkys aperto alle 2:30 di notte.
Passato lo stretto, si ormeggia all’inglese sulla banchina dall’altro lato del ponte e finalmente si dorme!
Nei giorni seguenti si procede nella navigazione verso Nord, un po’ sotto la pioggia, un po’ sotto qualche squarcio di sole, sempre con vento teso che ci permette di tenere una buona andatura di bolina o al traverso con qualche tratto a motore. Ormeggiamo a Loutrà Edipsou, dove alcuni “arditi” tra i membri dei nostri equipaggi si regalano qualche ora di piacere nelle piscine termali della locale spa, ed il giorno dopo raggiungiamo Oreoi per un’altra tranquilla notte in porto.

Nel frattempo, i nostri capibarca hanno deciso che le condizioni meteo sul versante Est dell’isola Eubea e nelle altre isole esterne (Sporadi) sono decisamente proibitive per la sicurezza degli equipaggi e delle imbarcazioni, a causa del vento di 35-40 nodi proveniente da NNE e di onde fino a 3.5 metri di altezza, condizioni previste invariate per tutto il resto della navigazione.
Si torna quindi indietro, non senza un qualche rimpianto per non poter proseguire in Mar Egeo; prua quindi verso Paralìa Rachon con rotta Ovest-Sudovest percorrendo longitudinalmente un tratto di mare lungo circa 15 miglia e largo 2-3, che separa la costa Nord dell’Isola di Eubea da quella continentale: un vero imbuto per il vento di Nordest !
Si parte da Oreoi con vento fresco al traverso per poi assumere, a centro canale, l’andatura al lasco, con vento che rinforza. Si percorre tutto il tragitto con ripetute strambate e giunti in prossimità della destinazione, vuoi per stanchezza, vuoi per il destino avverso che ci aveva inizialmente accompagnato, succede di tutto.
Nell’ultima strambata mi trovo a gestire la scotta di sopravvento del fiocco; mi pongo in posizione puntando il piede sullo schienale del sedile del pozzetto e impugnando la scotta a debita distanza dal winch. Non mi accorgo però che le tre volte della scotta sul winch erano avvolte in senso inverso... e al momento di cazzare il fiocco mi ritrovo invece trascinato repentinamente e pericolosamente verso il winch. Mollo la scotta e salvo le mani, ma mi rimane millimetricamente “pizzicato” solo il polpastrello del dito medio della mano sinistra e come conseguenza una piccola lacerazione cutanea di un centimetro circa.
Con un membro dell’equipaggio momentaneamente “fuori uso” ed il fiocco al bando la strambata risulta critica: ci si ripone sulle precedenti mura recuperando il fiocco, si recupera anche la scotta che nel frattempo era andata in bando e si ripete (correttamente stavolta) la strambata perché ci si sta avvicinando troppo a terra. Effettuata la strambata si va quindi all’orza per avvolgere il fiocco e la randa, ma in quest’ultima manovra il tesabase sfugge di mano e la vela fileggia troppo con il bozzello posto al punto di scotta che sbatte fortemente a destra e sinistra: risultato, la randa si lacera lungo la balumina inferiore per un tratto di circa due metri.

Medicata la mia piccola lacerazione, ci si avvicina al porto per permettermi di scendere a terra e raggiungere un presidio sanitario: ma il porto è piccolo, il vento forte e le trappe dentro al porto tante… Inevitabile, nonostante tutta l’attenzione del timoniere, un incontro ravvicinato tra l’elica ed una cima galleggiante proprio nel momento in cui si riesce ad attraccare.
Il sovrintendente del porto, di nome Ercules (!), gentilissimo e senza nulla chiedere, mi accompagna in auto al presidio sanitario, ma qui, dopo essere stato propriamente medicato ma non ancora suturato, mi prescrivono una radiografia della mano per escludere una eventuale lussazione o frattura della falangetta coinvolta! Devo perciò spostarmi in taxi all’ospedale di Lamìa, a 30 km di distanza, da dove tornerò cinque ore più tardi con alcuni punti di sutura ed una radiografia della mano sinistra, effettuata con esito negativo (almeno una buona notizia...).

Devo essere risultato in qualche modo simpatico al tassista che mi ha riportato al porto; sarà stato perché ho azzardato qualche parola di saluto in greco oppure per la mia evidente origine mediterranea, ma da parte sua si è manifestata subito una spiccata empatia, espressa nella classica affermazione in greco: “mia fatza, mia ratza” (una faccia, una razza) e culminata, una volta giunto a destinazione, nel regalo da parte sua di una delle decine di bottigliette di ouzo che portava in auto, abilmente camuffate in confezioni di acqua minerale da 150 ml e perfettamente sigillate con tappi di alluminio: un ottimo sistema per sviare la polizia!!! Chissà quante bevute si sarà fatto in servizio…
Vengo accolto in trionfo da compagni e compagne e di barca e dai membri dell’equipaggio di Vanilla Sky, la barca comandata da Beppe Salottolo). Anyma era invece ormeggiata al gavitello in un’area ridossata fuori dal porto.
Nel pomeriggio Oceanos era stata tonneggiata (sotto lo sguardo severo, mi dicono, degli anziani del porto) in una posizione più idonea per un ormeggio prolungato e parzialmente liberata dalla cima impigliata nell’elica per intervento di Gianfranco, abile sommozzatore imbarcato su Vanilla Sky, che però senza bombole non era riuscito a portare completamente a termine il lavoro. In serata arriverà perciò un sommozzatore locale.
Tutti mi aiutano a salire a bordo perché la barca è ormeggiata di prua; tengo a tracolla il marsupio con dentro portafogli, i documenti ed il cellulare, ma sfilo dalla schiena lo zainetto che avevo portato con me contenente alcuni oggetti di prima necessità (il rasoio a batterie, una busta con materiale per igiene personale, un libro di lettura per occupare il tempo, dei contanti in banconote); gli amici lo passano a Claudio che si trova proprio a prua della barca e lui lo afferra e lo porta verso il pozzetto. Gli altri mi aiutano a salire a bordo perché con una mano sola non riesco ad issarmi da solo.
Non sono ancora a bordo che si sente Claudio gridare: “Nooooo!” seguito da un sinistro splash... Il mio zainetto gli era sfuggito ed ora flottava in mare! Si riesce a recuperarlo prima che affondi e rincuoro Claudio assicurandolo sullo scarso danno prodotto; in effetti solo il libro, un tascabile, risulterà compromesso.
Scendo in dinette per asciugare almeno le banconote recuperate dallo zainetto quando sento un rumore dall’esterno, come di chi batte sulla tuga o sulla fiancata della barca con un pugno o con i piedi, forse con le ginocchia; insomma, di uno che è scivolato all’esterno e che sta per... SPLASH!!!
Sento un vociare indistinto, salgo in pozzetto e quando giungo all’esterno mi si para davanti un omone grondante d’acqua che proferisce parole irripetibili: è Claudio, che stava allestendo una specie di scala di corda per favorire l’accesso alla barca quando, forse per la stanchezza accumulata durante la giornata impegnativa, ha perso l’equilibrio ed è scivolato in mare; era risalito, con l’aiuto degli altri, utilizzando un gommone affiancato alla nostra barca.
Calava così il sole su una “giornata particolare”, densa di eventi e di esperienza di vita che solo il dottor Murphy avrebbe potuto immaginare.
Ma aspettate! La crociera non è ancora finita, mancano altri quattro giorni interi!
Il mattino seguente, espletati i necessari riti propiziatori al dio Nettuno, riprendiamo la navigazione sulla via del ritorno; il programma prevede una tappa intermedia in rada prima di raggiungere nuovamente Khalkis e attraversare ancora una volta il canale del ponte mobile. Superato questo ci sarebbe stata una sola altra tappa prima di rientrare definitivamente a Lavrion.
Si esce quindi dal porto di Paralìa Rachon e ci si dirige a Sud-Est, al traverso-lasco, con vento moderato, aiutati in qualche tratto dal motore dato che non disponevamo più della randa. La navigazione è attenta e piacevole; a turno, tutto l’equipaggio sta al timone sotto l’attenta vigilanza del nostro capobarca e partecipa alle manovre. Superata la punta di Arkitsa, si devia più decisamente a Sud verso la baia di Ormos Armirou dove passiamo la notte alla fonda.

Il giorno seguente si parte con la consapevolezza che la navigazione sarebbe stata impegnativa; le previsioni dicono che il vento sarà di giorno costantemente intorno ai 25-30 nodi, settentrionale, con raffiche nelle ore centrali fino a 40 nodi.
Dal nostro ridosso notturno ci spostiamo, disponendo del solo fiocco, verso la parte centrale del canale di Eubea, dapprima in direzione Est e successivamente Sud-Est. Il tratto di mare che dobbiamo percorrere è relativamente breve: più o meno 28 miglia.
Percorso circa un terzo del tragitto e stabilizzatici su rotta Sud-Est con vento al lasco e già ridotto il fiocco, il nostro sguardo è attirato da una sottile coltre di nebbia biancastra che si alza irregolarmente dal mare in lontananza, ad una distanza di circa 2-3 miglia, proprio a ridosso della costa Eubea, a sinistra della nostra barca.
L’immagine è chiara, si staglia sullo sfondo bruno-scuro dell’alta catena montuosa che scorre parallelamente al tratto di mare e a precipizio sull’acqua. Sembra quasi la polverizzazione dell’acqua di una cascata quando tocca terra dopo il salto, ma non c’è una cascata… “Sono venti catabatici!” grida Claudio. È, cioè, una cascata di vento che si abbatte a picco sul mare scendendo dalla catena montuosa alta oltre 1000 metri.

Veniamo improvvisamente investiti da fortissime raffiche laterali che fanno sbandare la barca e ammutolire tutto l’equipaggio; il timoniere stabilizza l’imbarcazione che d’altronde navigava solo con fiocco già ridotto. Per fortuna l’onda non è elevata perché il fetch è corto, ma l’effetto dei venti catabatici si prolunga per circa venti minuti per poi diminuire secondo l’orografia locale.
L’anemometro è però schizzato a valori mai visti dal sottoscritto; viene documentato fotograficamente, col cellulare, un valore di 57,2 nodi ma io che ero al timone in quei momenti vi assicuro di aver visto anche un massimo di 60,2!
Si arriva così un po’ frastornati alla meta, Khalkis, e si ormeggia in banchina all’inglese. Si espletano nuovamente le pratiche per il passaggio del ponte che questa volta sarà aperto prima di mezzanotte. Superato il ponte, si passa la notte alla fonda nella baia di Khalkis.
Gli ultimi due giorni saranno uno spasso a confronto della giornata appena passata, uno spasso relativo, sia ben chiaro, perché comunque sempre con venti forti, settentrionali di 25-35 nodi, a seconda della giornata, onde prima irregolari e poi formate, anche di 1,5-2 metri, ma senza incontrare ulteriori sorprese.
L’ultima notte, passata in una rada con fondo sabbioso buon tenitore, ha visto le tre barche dare 50 mt di calumo su 7 mt di fondale, visto che il vento – pur nel ridosso – non scendeva mai sotto i 20-25 nodi.
Infine, venerdì 2 maggio rientro in porto a Lavrion, rassicurando col nostro arrivo gli addetti del charter, che negli ultimi giorni erano preoccupati per le nostre navigazioni in presenza di meteo “duro”.
Bene, la navigazione è così finita. A questo resoconto mancano solo alcuni commenti finali. La prima considerazione, che voglio porre all’attenzione di tutti noi caprerini, riguarda l’importanza da porre alla sicurezza; sicurezza, come ho già espresso nelle righe sopra, per gli equipaggi e per le imbarcazioni. Molto saggi sono stati i nostri responsabili ad aver rinunciato ad effettuare la navigazione di ritorno in mare aperto. Questo insegnamento può essere per noi riassunto dal famoso detto da non dimenticare mai: “Meglio essere in un porto e rimpiangere di non essere usciti in mare che essere in mare e rimpiangere di non essere rimasti in porto”!
La seconda considerazione riguarda l’ordine da mantenere in barca e l’attenzione da porre ai particolari: ogni membro dell’equipaggio contribuisce con i suoi atti alla propria ed altrui sicurezza, ed ogni cosa od oggetto in barca ha una sua posizione idonea e tale deve essere mantenuta.
Una terza considerazione è attinente, infine, alla resistenza fisica e psicologica di ognuno di noi; tutti si contribuisce per la propria parte e per le proprie forze al raggiungimento dell’obiettivo finale e dichiarare i propri eventuali limiti o incertezze e fermarsi dove e quando è necessario permette di evitare inconvenienti più o meno importanti, o quantomeno di fare un bagno in mare fuori stagione!
Alla prossima.
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