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British Virgin Island, il paradiso all'improvviso

Reportage dell'ennesima navigazione caraibica del Quadrante Capitolino AIVA CVC


Che il Mare Caraibico sia diverso dal Mare Nostrum a noi più familiare è chiaro fin dal momento in cui il muso del Boeing BA punta verso Antigua, tra batuffoli di nuvole candide come cotone dai boccioli appena schiusi sugli alberi di Tortola.


La superficie dell'oceano da solido blu diventa una tavolozza dalle infinite sfumature man mano che ci avviciniamo alle coste, dal blu cobalto al verde smeraldo, innervata da lunghe strisce parallele di alghe fucacee e laminarie.

Dopo lo stop over ci imbarchiamo su un bimotore bielica Embraer 120, che con qualche volteggio ci sballotta un po' ma ci fa godere gli ultimi bagliori del tramonto prima dello sbarco a Beef Island, collegata da un ponte alla maggiore delle BVI, Tortola. È lì che trascorriamo la prima notte, in attesa dell'imbarco il pomeriggio successivo.


Al mattino approfittiamo per visitare la capitale Road Town, con le sue architetture coloniali. A giudicare dal traffico quasi tutti i 31mila abitanti delle BVI devono esservi concentrati, ed in effetti è proprio così. Le operazioni di cambusa e qualche sosta nei negozi e ristoranti consentono una prima idea della vita quotidiana nelle BVI, che si presentano molto poco British: le atmosfere sono piuttosto creole e la lingua un pidgin che se parlato in maniera stretta risulta incomprensibile.

Sebbene le isole siano divise da quelle americane (che gli USA acquistarono dagli olandesi nel 1917 per 25mila dollari), la valuta è lo USD. Notiamo che i prezzi sono generalmente piuttosto alti – almeno per i turisti. Ci ritroviamo nel pomeriggio per le operazioni d'imbarco e briefing.

Occupiamo le cabine nello Jeannau 47 messo a disposizione dal Quadrante Capitolino AIVA CVC, che ha la particolarità di avere fuochi e quadrato in coperta: con quelle temperature medie

(dai 24° ai 32° tutto l'anno), una disposizione che si rivelerà intelligente. La navigazione descriverà una sezione di arco in senso antiorario toccando le più settentrionali tra le Piccole Antille, ovvero gli isolotti a ovest delle maggiori isole caraibiche, che disposti a mo' di falce con direzione nord-sud delimitano il bacino del Mare Caraibico, e che Colombo, spinto lì dai venti nel suo secondo viaggio al Nuovo Mondo nel 1493, battezzò “Sant'Orsola e le 11mila vergini” in onore del leggendario martirio ad opera degli Unni delle monache al seguito di Sant'Orsola nel IV secolo, che preferirono morire piuttosto che subire la violenza della soldataglia di Attila.


Il mattino seguente lasciamo la Hodge's Creek Marina con direzione SSW, a motore per assenza di vento - per tutta la navigazione raramente il vento reale supererà i 5-6 nodi reali. Attracchiamo ad una boa presso lo scoglio Pelican: l'interdizione di gettare l'ancora riguarda quasi tutti gli approdi, a tutela della fragilità della barriera corallina.


Un primo snorkeling rivela un universo a noi sconosciuto, con multiformi concrezioni coralline che si aprono in guisa di fogliame sui fianchi degli scogli, e che talvolta si ergono sopra il pelo dell'acqua a formare colonnine naturali.

Notiamo bellissime gorgonie dalla caratteristica forma a ventaglio retinato e sgargiante colorazione viola con riflessi blu elettrico; spugne con tentacoli a forma di grosse dita color ocra mosse dalla corrente; anemoni di colore verde, rosso, rosa o anche bicrome e infine spirografi, crinoidi, murici, madrepore, cipree di varie fogge. La fauna marina offre esemplari di aguglie argentate, cernie, pesci trombetta, angelo e pappagallo.

Ci dirigiamo quindi all'isola Norman, seguiti da un fronte di bassi cumulonembi. Ormeggiamo ad una mooring ball disponibile, e dopocena arriva, improvvisa ancorché paventata, una pioggia sferzante. Protetti dal tendalino steso dal quadrato fino a poppa ci concediamo un cocktail a base di rum, coca-cola, lima, menta e San Pellegrino.


A notte i più timorosi di ulteriori scrosci si ritirano in branda, mentre i più intrepidi guadagnano la spiaggia col tender e prendono possesso di un tavolo al Willy-T bar, dove affinano la cultura dei cocktail locali prima di lasciarsi andare alle danze su ritmi reggae.


Il giorno seguente albeggia intorno alle 6:00. Partiamo poco dopo alla volta di Peter Island, dalla curiosa forma di revolver, dove ci fermiamo per un bagno alla Deadman's Bay. Quindi ci dirigiamo verso Salt Island, con sosta per osservare il relitto della R.M.S. Rhone, un postale di 310 piedi a vela e vapore partito da Southampton con 300 passeggeri a bordo e naufragato il 29 ottobre 1867. (*)

Dopo aver avvistato uno dei principali tronconi del relitto ci dirigiamo verso Cooper Island, con l'intenzione di trascorrere la notte in rada. Ma siamo presi nel raggio di un vasto fronte nuvoloso, che rovescia pioggia battente per circa due ore. Il vento che spira da 270°, con onda verso la baia, suggerisce al capobarca l'opportunità di tornare verso Norman Island, per stare più ridossati. Notte in rada a Incannes Bay.


Il 24 ci dirigiamo di buona mattina verso Virgin Gorda, la c.d. “vergine grassa” perché, si narra, la sua sagoma ricordò a Colombo una donna dal ventre prominente distesa. Fatichiamo un po' per trovare una boa cui attraccare nella baia, visto l'alto numero di barche attirate da The Baths, tra la Devil's e la Spring Bay. Le spiagge sono in effetti molto belle, di sabbia fine e separate da enormi blocchi di granito madreperla. Tentiamo di trovare un sentiero per passare da una all'altra, ma si fa prima a nuotare intorno alle rocce. Dopo i bagni riprendiamo la navigazione verso nord.

Finalmente abbiamo un vento di 13.5 nodi, che ci consente di aprire le vele, ma sfortunatamente viene da 0°! Il pomeriggio inoltrato (la navigazione nelle BVI è interdetta dopo le 17:30) obbliga a continuare a motore per avere maggiore possibilità di trovare posto nel grazioso porticciolo di Leverick Bay: un ristorante in stile coloniale con vista sulle banchine, cinto da una corona di case private nelle colline intorno. Inerpicarsi per la ripida strada con curve a U fino alla sommità offre magnifici scorci sulla marina e la profonda insenatura sul lato opposto, con le isole Muskito e Prickly Pear.

Ne approfittiamo per integrare la cambusa nello spaccio locale, che ha prezzi inferiori a Tortola. Dopo una cena a base di salmone alla griglia innaffiato da un pinot Santa Margherita e una passeggiata lungo i moli nel corso della quale notiamo alcuni squaletti che nuotano sotto una delle barche, trascorriamo una notte tranquilla in porto.

Il giorno dopo lasciamo gli ormeggi per dirigerci verso Anegada, l'isola “annegata”, perché l'altitudine massima è di circa 3,5 metri slm. Vento di 3 nodi da 30°, apriamo comunque la randa anche se abbiamo bisogno del motore per raggiunge una velocità di 5 nodi ed arrivare in mattinata.

In avvicinamento l'isola, contornata da spiagge, appare come una lama di luce sull'orizzonte: spettacolare. Ancoriamo sul fondo sabbioso e raggiungiamo il molo del Lobster Trap Restaurant. Prenotiamo per la sera, ovviamente aragosta ($ 50 per una mezza jumbo o 60 per una piccola) e l'affitto di uno scooter ($ 50 a coppia). Visitiamo in lungo e in largo l'isola percorrendo strade in cemento, parzialmente sterrate e invase dalla sabbia. Ci fermiamo per pranzo al Big Bamboo. Una passeggiata lungo la Loblolly Bay fino al Flash of Beauty bar consente di osservare il frangersi delle onde sul bordo della barriera corallina.


Recuperati gli scooter, abbiamo il tempo di fermarci presso la casa museo di Theodolph Faulkner, un pescatore che divenne leader politico e padre del movimento per l'autonomia e l'autodeterminazione delle BVI da Londra (1949), e alla laguna di Flamingo Point, per raggiungere al tramonto Pomato Point. La sera ceniamo a base di aragosta alla griglia, con qualche alzata di sopracciglio quando ci viene presentato il conto, che col sovrapprezzo di servizio, bevande e dessert supera gli 80 USD. Ma non discutiamo, noblesse oblige.

Dopo una notte tranquilla in rada partiamo di buon ora per la traversata relativamente lunga di 21 mn che ci attende, e dopo 3 ore di navigazione (vele e motore ci consentono di raggiungere i 7.5 nodi) attracchiamo ad una mooring ball a Marina Cay, a NW di Pull and Be Damn Point, nel bacino protetto dagli isolotti di Great Camanoe a W e da Scrub e Beef, rispettivamente a N e S. Ci fermiamo per bagno e snorkeling, quindi riprendiamo la navigazione lungo la costa settentrionale di Tortola fino a Cane Garden Bay, dove attendiamo l'intervento dell'assistenza per un problema alla pompa di sentina.

In serata scendiamo a terra col tender, ci fermiamo al bar per un'ottima piňa colada e passeggiamo per il borgo. Due di noi intavolano una conversazione con un pescatore

locale, e acquistano due aragoste km 0 che forniranno un ottimo sugo, degno accompagnamento per il compleanno di un membro dell'equipaggio.

Il giorno dopo lasciamo Cane Garden Bay alla volta di Jost Van Dyke Island, forse la più bella da un punto di vista paesaggistico per i colori cangianti e la limpidezza cristallina del suo mare.


Il primo bagno è a Sandy Cay, che raggiungiamo a nuoto data la forte risacca che ostacola il tender. Un sentiero taglia l'inestricabile vegetazione dietro la spiaggia e raggiunge la c.d. foresta pietrificata, un boschetto di alberi rinsecchiti. Una targa ricorda che l'atollo è un dono di Rockfeller alle BVI. Altra tappa a Little Jost Van Dyke, quindi alla Bubbly Pool, una pozza d'acqua marina chiusa da scogli su cui si frangono di continuo le onde.


La sera ci spostiamo al porto di Jost van Dyke, attracchiamo ad una boa per carenza di posti barca. Il pontile cui arriviamo in tender reca un cartello in perfetto pidging: “Yot Klub JVD”. Pomeriggio in spiaggia, poi cena in barca e notte tranquilla in rada, ancorché caldo e rollio diano qualche fastidio.

Il 28 partenza verso Tortola. Prima tappa con bagno è a Sand Spit, “sputo di sabbia”, un atollo sabbioso con due palme al centro: al classico quadretto manca solo il naufrago barbuto. Vi trascorriamo la mattinata: ancora una volta, piuttosto che i paesaggi al di sopra della superficie e delle coste troppo spesso aggredite da costruzioni in discutibile armonia con l'ambiente naturale, sono i fondali che ci attraggono, e che perlustriamo durante nuotate fino al limitare della barriera corallina. Notiamo torpedini, razze, barracuda, pesci palla e quattrocchi.


Nel pomeriggio proseguiamo la navigazione fino a White Bay. Raggiungiamo la spiaggia in tender e prendiamo un tavolo in una delle tappe obbligate: il Soggy Dollar, che deve il curioso nome ai dollari, spesso inumiditi per via della nuotata, che i diportisti allungano al barman in cambio di un cocktail di loro invenzione, come il Pain Killer o il Mango Madness. Il bar è un luogo cult, che vende anche proprie magliette e vestiario per la spiaggia, nonché gadget vari. Dopo una cena in barca, la notte scorre tranquilla.

Giunge così l'ultimo giorno di navigazione, che trascorriamo nel canale tra Scrub e Camanoe Island, a poca distanza dal luogo già visitato 5 giorni prima. Abbiamo ancora tempo per un ultimo snorkeling, che risulta tra i più emozionanti in quanto alle specie già osservate si aggiunge una tartaruga di mare, nei giorni precedenti notata solo per il fugace apparire della testolina sul pelo dell'acqua, che nuota sul fondale a circa -5 metri.


Non avremmo voluto, ma è la fine del viaggio: nel pomeriggio ormeggiamo al punto di partenza. Consumiamo l'allegra cena conclusiva in un vicino ristorante, a base di bocconcini di aragosta e pesce locale (il mai-mai), con l'immancabile pinot bianco.


Non vi è dubbio che il ricordo di questa navigazione rimarrà indelebile per i partecipanti.

(*) Le cronache narrano che il capitano Wolley, notato il precipitare del barometro, fece gettare l'ancora e mise i motori a tutta per resistere alla violenza dell'uragano, manovra che ebbe successo. Ma il secondo colpo fu più violento. Wolley fu costretto a tagliare la catena dell'ancora, incattivata intorno ad un ceppo di corallo, e far legare i passeggeri, nel tentativo di guadagnare il mare aperto passando tra la Peter e la Salt Island.


Pare che mentre sorseggiava il suo tè al rum sul ponte ostentando sprezzo del pericolo, accecato dalla pioggia, sia stato trascinato fuori bordo da un'onda e non fu mai più visto. Il Rhone fu spinto da raffiche di 130 miglia sugli scogli presso Black Point Rock, dove il boiler esplose e lo scafo si spezzò in due inabissandosi all'istante e portando con sé

l'80% dei passeggeri. Le parti del relitto, adagiate su fondali tra gli otto e i 27 metri, sono una delle mete preferite degli appassionati.

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