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Immagine del redattoreAntonello Gamaleri

Le Squadrette e il Compasso di Navigazione

Aggiornamento: 11 mar

Una pratica nautica in disuso. Sommersa dalla moderna facilità, ma di grande valore intellettuale.


Vespucci 1965 Allievi Morosini - Manovre in coperta (archivio autore)

Il primo contatto con le squadrette di navigazione avvenne sul Vespucci nella precrociera del Morosini, dopo il primo anno, nel giugno del 1965. Il comandante quell’anno era l'ammiraglio Straulino. Avrebbe poi comandato la nave nella successiva campagna di istruzione di tre mesi in Nord Europa con gli allievi della Accademia Navale.

Quell’estate andammo a Maiorca con tappe a Maddalena, Porto Conte e Capo San Marco (antica città fenicia di Tharros) nel Golfo di Oristano.  


Noi allievi del Morosini non andavamo a riva per la manovra delle vele, ma  facevamo tutte le manovre in coperta e la voga con le lance del Vespucci.  Quelli di noi che entrarono in Accademia Navale nel novembre del 1967, andarono poi a riva, di giorno e di notte, con “buono e cattivo” tempo nella “campagna di istruzione” del 1968.


Quell’anno 1965 alla partenza da  Capo San Marco (Tharros),  per le Baleari arrivò una burrasca forte di maestrale che durò tre giorni e il Vespucci aveva solo le vele di gabbia e di parrocchetto e faceva otto o dieci nodi. Metà dell’equipaggio e anche noi “pivoli” era a pagliolo per il mal di mare. Si dormiva nelle tradizionali amache (“brande” il nome usato in Marina) che, appese a due bagli, stavano ferme mentre la nave sotto  rollava alla grande (n.d.r. una pratica tuttora in uso! vedi qui sotto una immagine odierna del Vespucci).


Vespucci 1965 Tavolo carteggio e squadrette - lo scrivente in plancia (archivio autore)

Vespucci 1965 burrasca Maestrale golfo del Leone (archivio autore)

Carta Istituto Idrografico della Marina 2024 (Estratto dal sito IIMM)

la vecchia tradizionale carta dell’IIMM 1970 (collezione autore)

 

I tradizionali attrezzi per la navigazione da diporto

 

La tradizionali squadrette dell’Istituto Idrografico della Marina sono un sistema più sicuro e preciso del “Regolo CRAS” che tanto piaceva ai diportisti anni 70 scuola francese, perché era un solo attrezzo. In fondo, anche se il suo uso portava a tracciare una rotta in modo meno preciso delle squadrette era utilizzabile anche in pozzetto su carta ripiegata sulle ginocchia e con barche piccole.  

 

Le carte francesi per il diporto ( Cartes Blondel la Rougery ), va ricordato, erano veramente particolari. Pieghevoli fatte con carta di riso e quasi indenni se bagnate e strapazzate, come succede sulle barche che navigano. Erano poi coloratissime e con evidenti ausili grafici per l‘immediatezza delle informazioni. Erano riportate sulle carte notizie che da noi si trovavano invece sui Portolani.

Il regolo CRAS (vedi immagine sopra) e la carta piegata sulle ginocchia inducevano a una navigazione detta “a vista” neanche lontana parente della navigazione stimata. La navigazione a vista , per esperienze note, porta molto spesso a scogli.


Una carta Blondel ripiegata (immagine repertorio da web)

Siamo in epoche lontane, senza GPS. Con l’abitudine ad avere navigazione fornita dal GPS sembrerebbe che allora fosse complicato.  Ma alla fine il sistema della navigazione stimata e delle squadrette è semplicissimo e anche sicuro: basta avere la disciplina della tenuta costante della navigazione stimata.


Va fatto il punto nave stimato ogni ora nella navigazione normale o più spesso se richiesto dalla situazione. Le squadrette e la carta non hanno bisogno di satelliti, schermi a led e batterie.

La rotta vera (Rv) era corretta per la declinazione magnetica (indicata sulla carta nautica e non anche per la deviazione magnetica trascurabile nelle barche da diporto in legno o FRP), le miglia percorse erano ricavate e registrate manualmente sul Giornale di Bordo dal solcometro ad elichetta (il vecchio Brooks&Gatehouse grigio), e poi matita, gomma, compasso da navigazione, squadrette, orologio.

Squadrette tradizionali dell ‘IIMM (collezione autore)

Le barche più piccole, ad esempio i Mousquetaires, non avevano l'elichetta del log. Bisognava “ apprezzare”  la velocità. Si sa che la velocità limite di una barca dipende dalla sua lunghezza al galleggiamento e che si forma un moto ondoso sui fianchi della barca. Quando si è alla V limite si ha una cresta dopo la prua e una cresta a poppa e un solo cavo in mezzo. Per un Mousquetaire sarà stato tra i 4 e i 5 nodi. Per posizioni intermedie si apprezzava con l ‘esperienza.

Il bel Mousquetaire del Presidente AIVA CVC Giancarlo Tunesi al pontile del pre-crociera a Caprera.

Anche qui apparente grande approssimazione, ma apprezzamenti - dalla mia esperienza - sempre sufficientemente centrati. E in tanti anni pochissimi incidenti a barche ed equipaggi che andavano per mare così. Anche perché le distanze in Mediterraneo non sono enormi e dopo un paio di giorni di navigazione qualche terra si intravvede.


La lunghezza del miglio marino si prendeva con il compasso sulla scala verticale della carta per la latitudine stimata e si segnava il punto sulla rotta stimata (media) dopo le miglia percorse in un’ora.


Ogni tanto, soprattutto se a vela, era necessario un apprezzamento dell’angolo di scarroccio e la conferma di una rotta magnetica media approssimata  visto che le nostre bussole di navigazione magnetiche a sfera avevano una graduazione di 5 in 5 gradi.  

Si intende che stiamo parlando dell’utilizzo di carte nautiche tradizionali come quelle dell’Istituto Idrografico della Marina (o di quelle dell’ Ammiragliato Britannico) stampate su carta spessa su cui si potevano tirare righe a matita più volte, scrivere e cancellare. Normalmente si piegavano in due. Si usava allora una matita HB con una punta ben fatta. I tratti dovevano essere precisi e dovevano poter essere cancellati per correggere errori o per riuso.


I compassi da navigazione sono strumenti dalle forme le più varie e normalmente di ottone amagnetici, qualche volta cromati, con protezione delle punte.


Compassi da navigazione (collezione autore)

La piccola collezione dei compassi di navigazione è formata in parte da alcuni appartenuti a mio padre, da quelli miei della Marina e da quelli da yachtman (più chic alla foggia british), raccolti negli anni.  Li tengo in un ripiano della libreria nel mio studio con altri piccoli oggetti da barca. Insieme ad altri oggetti essi sono come amuleti e portafortuna nella vita di terra: il vecchio binocolo da Marina a fuoco fisso e la bussola di rilevamento da barca.

Bussola di rilevamento da barca (collezione autore)

Quella piccola da portare al collo, precisissima: ad essa  sono andati tanti miei ringraziamenti per essere servita di giorno e di notte in tante occasioni a rilevare fari in condizioni critiche.  Questa bussoletta  da collo la mettevo sempre nella sacca da barca insieme con il coltello da marinaio.

 

Anche sulle barche a vela chi aveva la conoscenza e la pratica poteva usare il sestante per osservazioni di altezze di sole (a mezzogiorno) per trovare la latitudine o addirittura  il punto nave con incrocio di tre (meglio quattro) rette di stelle ai crepuscoli mattinali e serali. Momento in cui sono visibili sia le stelle che l’orizzonte da cui misurare l’angolo con il sestante.


Normalmente in Mediterraneo in barca a vela non si faceva. Le distanze alla fine non sono enormi e con una buona navigazione stimata si arriva a destinazione anche “attraverso il mare”.  Per la navigazione astronomica occorreva infatti avere anche un buon cronometro marino controllato e preciso al secondo e i calcoli (quelli a mano che facevamo noi)  impiegavano almeno mezz’ora pur con le tavole HO 214 (*) a soluzione diretta dello Hydrografic Office US NAVY.  


Ricordo che nei primi anni 80 uscì un bellissimo calcolatore da tavolo HP che aveva dentro tutte le tavole e le correzioni e le interpolazioni  e le Effemeridi. Impostando i dati delle altezze di stelle e gli altri dati del punto e il tempo del cronometro ti faceva i calcoli in un attimo per permetterti poi di mettere sul grafico le rette d‘altezza. La cosa delicata era però osservare le stelle con il sestante da una barchetta instabile e fare le collimazioni con l’orizzonte e le stelle (di seguito: quaderno con calcolo rette d’ altezza  1969 Atlantico ( archivio autore).


Sestante Plath con vite micrometrica (foto repertorio da web)

Calepino con azimut stelle e osservazioni di altezze per la media  e il calcolo (Atlantico 1969 archivio autore)


“ la mostra”, l’orologio per prendere lo STOP ai secondi per la altezza di stelle da confrontare con il cronometro di bordo (immagine di repertorio)


Tavole a soluzione diretta (HO214 ) ed Effemeridi (collezione autore)

Qualche riflessione sulla vela e la navigazione


La vela e la navigazione erano una attività pratica basata però su conoscenza accumulata e su un processo intellettuale di selezione e discernimento tra i fattori importanti e quelli secondari di una navigazione.  Una attività che rappresentava per molti di noi e per lo scrivente in particolare il vero divertimento e l’avventura della navigazione di noi marinai velisti.


Non occorre ricordare che la vela in se stessa è già un atteggiamento intellettuale “sul campo” nei confronti del problema della navigazione, risolto con lo sfruttamento intelligente delle forze della natura. Quindi un marinaio addestrato ed esperto, che abbia in se stesso sia la parte di conoscenza che la parte fisica di allenamento e addestramento alla fatica, a risolvere problemi pratici e a sopportare il tempo cattivo.

Le caratteristiche della barca e il suo comportamento sotto vela elaborate e conosciute prima per via intuitiva poi di esperienza e poi scientifica.


Capacità padroneggiate e utilizzate per navigare nella direzione voluta indipendentemente dal vento a favore.  E per le vele andrebbe ricordata la famosissima massima di Lucius Anneus Seneca : < Magnus gubernator et scisso navigat velo> (“un bravo timoniere naviga anche con vela strappata”), per la verità un metafora della vita, ma che noi marinai sappiamo valere proprio anche in barca.


Per navigare nella direzione voluta non basta evidentemente saper “l’aritmetica” di vele, barca e venti. Bisogna avere conoscenze superiori. Bisogna sapere fondamentalmente due cose: dove si è (e mettere il punto nave sulla carta) e dove si vuole andare ( la rotta  verso un altro punto).  E questa seconda azione è possibile solo avendo carte e bussola.


La bussola da sola serve a dare una direzione e basta. La carta da sola descrive una rappresentazione schematica approssimata della superficie marina e delle terre e non serve per andare da un punto ad un altro “attraverso il mare”. Essa da sola può essere utilizzata per percorrere lungo costa i “peripli” come facevano gli antichi naviganti in Mediterraneo.


Essi possedevano la raccolta dei peripli, la successione dei capi delle baie e dei “porti rifugio”. Spesso gelosamente custoditi dalle consorterie chiuse dei piloti/nocchieri o dei kybernetes in forme scritte e orali.


I portolani o peripli

Questo modo di navigare in vista di terra era apparentemente più semplice. Era però molto lungo e anche pericoloso, perché come ben sappiamo le “barche” e le navi sono più sicure in mare aperto con le burrasche piuttosto che vicino agli scogli.

La teoria e la pratica il vento la barca e gli scogli (immagine da web)

Le navigazioni in mare aperto nell’antichità

 

Per le navigazioni fuori vista di terra, in mare aperto, come è necessario anche in Mediterraneo servivano invece, senza bussola e carte, tutta una altra tecnica e altre conoscenze.


Ad esempio la tecnica di navigare di notte con cielo sereno orientandosi sui ”sentieri stellari” che altro non sono che la conoscenza tramandata oralmente, nelle chiuse consorterie (oi kybernetes), della successione di stelle da traguardare man mano che si alternavano a specifiche altezze sull’orizzonte e rispetto a un elemento di attrezzatura della nave durante la notte e nelle varie stagioni per andare da un punto ad un altro. Con il sole al culmine del mezzogiorno che indicava sempre una direzione e dava la posizione di latitudine. Conoscenze già note al tempo. E di notte al posto della stella polare (alfa Ursae) un’altra stella, (Kochab, beta Ursae )  della costellazione del’Orsa.

 

La tecnica è citata in Omero (Odissea - Ulisse sulla zattera dall’isola di Ogigia ) e l’ho trovata anche in diversi frammenti di liriche greche studiate al liceo e che si riferivano probabilmente a navigazioni tra Egeo e mari a sud di Creta. Altre fonti classiche come Vitruvio, Plinio e altri parlano di navigazioni in cui si fa cenno a orientamenti di questo tipo. E avevano anche strumenti che a noi appaiono superati come il pinace, ma che derivavano da conoscenze ben raffinate del moto degli astri.

 

Questa delle successioni di stelle è una tecnica  interessantissima, alla base delle grandi navigazioni dei popoli antichi. Come ci siano arrivati è oggetto di discussione. Certamente con esperienza di prove, successi e fallimenti lungo un notevole lasso di tempo.


È stata la conoscenza di questi sentieri stellari nel Pacifico che ha permesso la colonizzazione di tutte le isole da parte delle popolazioni polinesiane.  Di notte seguivano i sentieri stellari della successione di stelle. Di giorno non navigavano e cercavano di stare fermi orientandosi sulla direzione del flusso dell’onda morta di fondo, che nel Pacifico è costante, e riuscivano a capire la presenza di un’isola oltre l’orizzonte dalla diffrazione del flusso dell’onda  causata  dalla presenza dell’isola.

 

Gli scandinavi che dalla Norvegia andavano verso le coste delle isole britanniche o verso l’Islanda avevano tecniche simili. Si orientavano con il sole di mezzogiorno, anche attraverso le nuvole con la osservazione mediante il cristallo birifrangente di quarzite ed anche con una pietra magnetica messa a galleggiare su pezzo di legno su una tinozza riempita d’acqua. Siamo circa tra il 900 e il 1100 DC.

 

Per chi fosse interessato cito in bibliografia una famosa e colta pubblicazione, un Supplemento della Rivista Marittima: “Navigatori senza bussola” - Puglisi - anno 1971 (**)

 

La navigazione a vela, affiancata dalle descritte conoscenze superiori,  è percepita e interiorizzata dallo scrivente come una raffinata elaborazione intellettuale evolutasi con l’esperienza in millenni di pratica e di piccole correzioni teoriche man mano che la scienza e la tecnica applicata facevano passi in avanti.

 

E così anche la navigazione diventava più precisa. La famosa gara indetta in Gran Bretagna per sviluppare un cronometro marino,  preciso, da tenere a bordo e che potesse permettere il calcolo accurato della longitudine è stato un fondamentale scalino di questo processo.


È sempre necessaria la rete di conoscenze e dei dati pregressi (le carte e i punti cospicui rilevati da campagne idrografiche e geografiche) le Effemeridi delle stelle, le tecniche e gli strumenti sempre in miglioramento. Si schematizza il mondo reale su un foglio e da questo, avendo calcolato e previsto, si torna poi nel mondo reale sul mare con decisioni ed ordini al timoniere.


Mi piace pensare, da velista, senza apparire ruvido nei confronti dei “ferri da stiro” che questa pratica e queste conoscenze non si possano comprare. Ci si arriva con lo studio e l‘esperienza  ed esse pretendono un utente addestrato e competente e che ne intravveda anche la bellezza culturale.


Naturalmente il GPS, i satelliti e tutto il sistema che permette il funzionamento della geolocalizzazione vengono da uno sviluppo e  applicazione di tecnologie e teorie di livello superiore di grande complessità elaborate e costruite da grandi menti, da grandi ingegneri e con grandi risorse.


Ma l’utente utilizzatore può essere stupido e incompetente, non occorrono addestramento ed elaborazione sul campo. E come credo di aver già detto ci si diverte pure di meno a trovare tutto fatto.


Vespucci 1965 - Lance a mare e lance armate a vela (archivio autore)


La nostra navigazione stimata in barca negli anni '70

 

Ogni tanto in vista di costa, dopo un accurato riconoscimento dei punti cospicui di giorno con ausilio del Portolano e profili di costa o dei fari con il Libro Fari e Fanali si passava alla bussola di rilevamento - magnetica - ma più precisa ( graduazioni al grado)  di quella di navigazione.


Si faceva il punto costiero con tre punti riconosciuti che fossero su angoli abbastanza lontani.  Presi in rapida successione  e preso il tempo al minuto si correva al tavolo da carteggio per metterlo sulla carta con la matita e le squadrette. Quasi sempre l‘intersezione non era un punto ma un triangolo. Cosa normale e con buona probabilità la posizione era all’interno del triangolo di cui si usava il baricentro dell’area come punto costiero.  


Questo punto poteva capitare  sulla rotta stimata oppure no. Si ripartiva dal punto costiero, ma per essere veramente sicuri occorreva fare almeno altri due punti a distanza di dieci minuti o meno per avere una successione che marcasse la rotta realmente tenuta.


Da questo controllo si decideva poi se correggere o meno la Rotta che avrebbe dovuto tenere il timoniere sulla bussola.


 Arpege di legno anni 70 restaurato, ma con fiocco a rullino  (immagine di repertorio)

 

Conclusioni e riflessioni

 

Dopo questa veloce carrellata viene da fare una valutazione tra il modo di allora e il modo attuale. Esisteva uno “storico” di quasi ogni situazione.  E qualcuno si era occupato di raccoglierlo e organizzarlo. Venti, condizioni locali tipiche, condizioni generali. E probabilità e frequenza nei vari periodi dell’anno e nelle varie situazioni meteo. Esistevano ed erano rese accessibili su libri e pubblicazioni conoscenze esperienze raccolte e mostrate anche sulle carte (ad esempio le “pilot chart”). Una massa di informazioni che aiutavano chi stava per mare o chi doveva programmare navigazioni.


Per usare una metafora da ingegnere e matematico si era di fronte all‘integrale di tutte le possibili situazioni. Ora per usare la stessa metafora si interroga in modo puntiforme un programma, un software,  o un web che restituisce come risposta puntiforme in tempo reale la derivata seconda della situazione.  Un po’ come gli economisti ci raccontano le novità sulla borsa. La previsione dell’andamento della funzione rimane incognita e pure lo storico statistico.


Ma l’informazione e la possibilità di comunicare in tempo reale che si ha oggi ha comunque un grande valore. Noi non avevamo mai informazioni in tempo reale. La radio esisteva. se esisteva, solo per SOS.


Questo modo di allora di navigare basato solo sulle proprie forze, conoscenze, informazioni disponibili in barca e apprezzamento della situazione sul “campo” (sul mare) condizionava il carattere e le strategie della navigazione. Non si avevano aiuti esterni, ma non si dipendeva da nessun sistema fuori del nostro controllo.


Grande attenzione era dedicata alla preparazione, alla prevenzione e si sviluppavano propensione e allenamento alle decisioni in autonomia sulla barca sulla base delle poche informazioni disponibili.


Le decisioni naturalmente le prendono tutti anche oggi in barca, solo che quelle di allora erano più ponderate ed affidabili, pur con la limitatezza delle informazioni, per via del background di conoscenze applicate come prima descritto. Chissà se in futuro ci sarà una AI (magari addestrata sui mari del web e non nella realtà) a consigliare le decisioni di bordo mescolate a info pubblicitarie su ristoranti e vini.


Oggi si ha una maggiore conoscenza in tempo reale della situazione, la possibilità di comunicare e chiedere aiuto e quindi il bilancio potrebbe essere ancora considerato soddisfacente, anche se l’esperienza storica è ridotta ad aspetti marginali rispetto a un tempo.


Pur dipendendo da complicati e raffinati sistemi che possono andare in avaria con grande facilità il modo e il carattere delle decisioni sono ormai completamente diversi.

In fondo meno avventura di marinaio esploratore e di situazioni nuove, inserite però nello storico di chi aveva già percorso quei tratti di mare e visitato quei sorgitori.


Oggi esiste più una attitudine sportiva magari con maggiori rischi per equipaggio e barca, inseriti in una sensazione e percezione di operare in una palestra, in un ambito protetto e in collegamento con il mondo e con un “pubblico”, un tempo totalmente assente da ogni avventura lontana in mare.  Oggi direi esattamente il contrario della vela sperimentata in passato.

 

Chi non ha percepito il tempo che rallenta in barca a vela?  Viene voglia di immergersi nella natura negli eventi atmosferici come gli antichi navigatori marinai esploratori e mercanti mediterranei.


Coste, promontori, venti e la loro permanenza in  mare dove necessitavano di acqua buona  e di ripari. Talvolta meditando e con animo sereno svuotato di preoccupazioni di ansia delle cose che sono da fare, talvolta si arriva, nella concentrazione, a ricreare uno stato d’animo che forse porta a capire meglio quelle genti, quei momenti, quella vita.


Senza orologio.


Con ritmi diversi.


Lenti forse.


Meglio sarebbe dire dilatati.


Come dilatate e intense tutte le sensazioni del corpo immerso nelle forze e nelle energie naturali. Un privilegio riuscire a sentire tutto questo

 

Un radioso mattino estivo fine anni 70 dopo una notte di navigazione  (archivio autore)

 

 

NOTE

(*)  Tavole HO214 - Tavole a soluzione diretta – Istituto Idrografico Marina - Pubblicazione  IIMM  1137

Si chiamano così perché risolvono il problema del triangolo in trigonometria sferica ( un triangolo fatto di tre angoli) per intervalli  discreti e per varie latitudini. Per trovare la posizione della retta di altezza con angolo misurato con il sestante e tempo al secondo ( per la longitudine) occorre risolvere un triangolo sferico. Con le Tavole per trovare i risultati basta interpolare tra i due triangoli già risolti più vicini.  In passato e senza aiuto di calcolatori  la risoluzione dei triangoli in trigonometria sferica era fatta passando al calcolo logaritmico.

Le tavole a soluzione diretta furono sviluppate dalla US Navy (Hydrographic Office) nel grande sforzo per addestrare in breve tempo una grande Marina da contrapporre nel Pacifico e in Atlantico alle forze dell’Asse. Analogo sforzo organizzativo e semplificativo fu fatto per la cantieristica con il progetto delle navi Liberty, semplicissime e costruite in migliaia di esemplari.


(**)  NAVIGATORI SENZA BUSSOLA – QUANDO LA NAUTICA ERA UN’ARTE

RIVISTA MARITTIMA – Supplemento Tecnico – Giuseppe Puglisi 1971 (archivio autore)

                   

              


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